Il libro di Tracy Hogg “Il linguaggio segreto dei neonati” mi è stato regalato da mia sorella quando ero incinta di Leonardo ed è stato uno dei regali più graditi, insieme ad altre poche cose indispensabili per la gravidanza.
Il libro scorre velocemente fornendo esempi pratici e raccontando storie vere di famiglie alle prese con il rientro a casa con il neonato e fornisce degli ottimi spunti per gestitre al meglio ogni tipo di situazione in cui si potrebbe incorrere con il neo-arrivato.
L’autrice, che per la sua eccezionale capacità di comunicare con i neonati viene chiamata ” la donna che sussurra ai bambini”, è una puericultrice di lunga esperienza ed è l’ideatrice del metodo E.A.S.Y. ovvero Eat- Activity-Sleep-YOU).
Vediamo nello specifico i 4 step:
Eat
Mangiare è una delle attività principali dei neonati e allattare al seno è più difficile di quanto pensi la maggior parte delle future mamme.
La Hogg non entra nel merito della scelta personale che la neo-mamma farà in tema di allattamento. In tal senso evita di elogiare eccessivamente l’allattamento naturale (cosa che normalmente accade) e non demonizza quello artificiale, sostenendo qualsiasi metodo si adatti allo stile di vita della mamma.
Molto interessante la sezione relativa alla “composizione del latte materno” e i trucchetti per farne scorta. Il latte dissetante, presente nei primi 5-10 minuti delle suzione è il latte che disseta il bambino, il primo latte compare dopo 5-8 minuti e ha più consistenza e proteine utili per lo sviluppo di ossa e cervello; ed infine il secondo latte, che compare dopo 15/18 minuti, risulta più denso e cremoso ed è il latte che fa aumentare di peso il bimbo.
Punto focale del capitolo è l’instaurazione della routine di poppata. L’autrice raccomanda caldamente di programmare con regolarità i pasti del bambino, che dovrebbero avvenire ogni 3 ore circa. Secondo la Hogg, non bisogna cadere nella “trappola” degli spuntini, allattando il bambino ogni ora/ora e mezza perchè in questo modo il bambino non farà mai una poppata completa e il latte che assumerà non sarà mai primo e secondo latte. Ciò non significa però che se dopo due ore il bimbo piange per fame non bisogna allattarlo. Occorre sempre buon senso. L’importante è capire che se farà pasti completi a intervalli regolari, mangerà meglio e quindi anche il suo intestino funzionerà meglio.
L’allattamento
Nel capitolo dedicato vengono spiegati i pro legati all’allattamento al seno (instaurazione legame mamma- bambino, la salute del bambino, la convenienza in termini economici…) ma anche i contro (la modifica dell’immagine corporea della madre, la difficoltà nell’avviare l’allattamento, l’esclusione del partner…).
Per quanto riguarda l’allattamento naturale tra un paragrafo e un altro sono inseriti dei riquadri contenenti informazioni molto utili: i segnali da riconoscere per interpretare i vari comportamenti nel neonato, come viene prodotto il latte, consigli sulla durata delle poppate dalla nascita fino a 6 mesi, un mini-guida sull’uso del tiralatte e falsi miti legati ai cibi da evitare in allattamento. In aiuto alle neo-mamme viene riportato un esempio di “diario delle poppate”, un utile strumento che potrà servire, soprattutto per i primi tempi, per monitorare i tempi di allattamento e per verificare se e ogni quanto il piccolo fa la cacca e la pipì. Preziosa poi la “Guida pratica ai problemi dell’allattamento naturale”, che vi permetterà di riconoscere eventuali problematiche che potrebbero subentrare una volta avviato l’allattamento (congestione, mastite, capezzoli doloranti, dotto lattifero bloccato etc etc).
Per quanto concerne l’allattamento artificiale, Tracy Hogg difende il diritto di ogni donna di scegliere di alimentare in modo non naturale il proprio bambino. In tal senso crea un vero e proprio Abc dell’allattamento artificiale dispensando preziosi consigli su quale latte scegliere in base agli ingredienti e su come conservarlo, su quanto darne al piccolo settimana per settimana e sui criteri di scelta delle tettarelle.
Activity
Secondo “Il linguaggio segreto dei neonati” qualsiasi attività deve essere vista dai genitori come un’occasione per stimolare un senso di sicurezza e contemporaneamente di indipendenza, che potrebbero sembrare due cose in contrasto ma che in realtà procedono di pari passo. Più un bambino, a qualsiasi età, si sente sicuro, più avrà voglia di avventurarsi all’esterno e di divertirsi senza bisogno di assistenza o interferenze.
Il cerchio di rispetto
A tal proposito viene introdotto il concetto di “cerchio di rispetto”. Occorre visualizzare un limite immaginario che delinei lo spazio privato del bambino e chiedere il permesso ogni volta che lo si vuole oltrepassare, spiegando il perchè si vuole entrare e che cosa ci si accinge a fare.
Può sembrare complicato ma se ci pensate non lo è affatto. E per poter mantenere il cerchio di rispetto il libro ci indica qualche principio che riassumo qui brevemente:
- state con il vostro bambino: rendetelo l’oggetto della vostra totale attenzione in quel momento. Non si parla al telefono, non sbirciano i social; occorre stabilire un legame quindi serve concentrazione
- evitate di stimolarlo troppo: si tende sempre a iperstimolare i bambini mostrando continuamente oggetti colorati o comprando miriadi di giocattoli. Ricordate, sempre meglio poco che tanto.
- stimolate la sua indipendenza: quando il vostro bambino sta giocando è sempre meglio osservare prima di interagire.
- parlate con lui e non a lui: ogni volta che il piccolo è impegnato in una qualche attività, voi osservate e ascoltate, aspettando la sua risposta. Se cerca di coinvolgervi è ovvio che dovete assecondarlo. Se “chiede” un cambio di scenario, altrettanto. Altrimenti lasciatelo esplorare.
Molto interessanti i paragrafi relativi alle diverse fasi di sviluppo del bambino, da quando il bimbo comincia a controllare la testa e il collo e ad afferrare gli oggetti a quando inizia a girarsi su se stesso, a gattonare e a stare seduto. E altrettanto stimolanti sono le indicazioni relative alle regole base per una casa a prova di bambino e ai consigli sul bagnetto.
Sleep
Quando un neonato dorme, il suo cervello è impegnato a produrre nuove cellule cerebrali, necessarie allo sviluppo mentale, fisico ed emotivo. Per contrasto, un neonato che non dorme è probabile che diventi irritabile e scoordinato e che nn abbia le energie necessarie a esplorare il mondo circostante.
Tutto ciò può sembrare ovvio. Eppure quello che la maggior parte delle persone non sa è che i neonati hanno bisogno dell’aiuto dei genitori per imparare a dormire nel modo giusto. Infatti, il motivo per cui i cosiddetti “problemi del sonno” sono così diffusi è che tanti genitori non si rendono conto che sono loro, non i figli, a dover supervisionare il momento della nanna.
Le scuole di pensiero tradizionali
Esistono due scuole di pensiero che generalmente conquistano i genitori:
- Co-sleeping (o sonno comune, lettone di famiglia o metodo Sears): alla base di questo pensiero c’è il fatto che i bambini hanno bisogno di sviluppare associazioni positive con il sonno e che il modo migliore per ottenere questo è tenerli in braccio, coccolarli, cullarli e massaggiarli finchè non si addormentano.
- metodo Ferberizing (dal dott. Ferber), secondo cui i genitori dovrebbero mettere il bambino nella culla quando è ancora sveglio e dovrebbero insegnargli ad addormentarsi da solo. Quando un bambino piange – dicendo in effetti ” Tirami fuori di qui” invece di mettersi a dormire, il dott. Ferber suggerisce di lasciarlo piangere per periodi sempre più lunghi: cinque minuti la prima notte, dieci la successiva, quindici e cosi via.
Come la pensa Tracy Hogg?
La Hogg, non aderendo a nessuna delle due scuole, inserisce il concetto di sonno ragionevole, che è una teoria che coinvolge tutta la famiglia nel suo complesso, rispettando i bisogni di tutti. Si parte da presupposto che i bambini hanno bisogno di imparare ad addormentarsi da soli e di sentirsi al sicuro e tranquilli nella propria culla; d’altro canto hanno anche bisogno del nostro conforto quando sono in difficoltà e i genitori hanno bisogno di avere un riposo adeguato, dei momenti per se stessi e per gli altri. Per ottenere entrambe le cose occorre tenere a mente i seguenti punti:
- tenete lo stesso atteggiamento fin dal principio: ogni cosa che fate insegna qualcosa al vostro bambino. Se lo fate addormentare tenendolo in braccio o cullandolo per 40 minuti in realtà lo state istruendo. E’ come se gli diceste ” è così che ci si addormenta”.
- autonomia non vuol dire abbandono: non si conosce il momento in cui un bambino comincia davvero a capire il mondo circostante ma è bene cominciare fin da subito a renderlo autonomo. Sostenere l’autonomia non vuol dire lasciarlo piangere, ma piuttosto soddisfare i bisogni, incluso quello quello di essere preso in braccio poichè, dopo tutto, in questo modo sta cercando di dirvi qualcosa. Ma significa anche rimetterlo giù non appena questo bisogno viene soddisfatto.
- osservate senza intervenire: è la stessa regola che vale per il gioco. Ogni volta che si addormentano, i bambini attraversano un ciclo prevedibile. E’ necessario che i genitori lo capiscano in modo da non precipitarsi subito dal piccolo al primo rumorino. Piuttosto che interrompere il suo flusso naturale, è meglio fare un passo indietro e lasciare che si riaddormenti da solo.
- non rendete il bambino dipendente dagli “aiuti” esterni”, che siano essi il ciuccio, il petto di papà o la tetta di mamma. Secondo la Hogg non è rispettoso mettere loro in bocca un succhiotto o una tetta per farli stare zitti; ogni volta che facciamo cose come tenerli in braccio, cullarli o coccolarli all’infinito per farli addormentare, finiamo per renderli dipendenti da un aiuto esterno, togliendo loro la possibilità di sviluppare strategie per calmarsi da soli e impedendo di imparare ad addormentarsi da soli.
- create dei rituali della buona notte: i bambini sono creature molto abitudinarie, amano sapere ciò che succederà dopo e se abituati ad aspettarsi un determinato stimolo, sono in grado di prevedere cosa accadrà in seguito.
- imparate a capire come si addormenta il vostro bambino. La Hogg semplifica le fasi del sonno in tre stadi: l’attimo, quando il bambino sbadiglia fino a tre volte nel giro di pochi minuti. E’ in questa fase che occorre metterlo a letto; la zona, fase in cui il bambino assume uno sguardo fisso e concentrato su un punto lontano. Gli occhi sono aperti ma non stanno realmente guardando. Ultima fase è lasciarsi andare, quando il bambino chiude gli occhi e la testa cade in avanti o di lato.
Il consiglio della Hogg è di intervenire, se possibile, al primo sbadiglio del bambino, o se non proprio al primo, al massimo al terzo. Se non vi accorgerete di questi segnali è possibile che il piccolo vada rapidamente in crisi. Il modo migliore per aiutare il bambino a sviluppare le capacità necessarie ad addormentarsi da solo è quello di metterlo giù all’inizio della terza fase.
Io non sono per pratiche estreme e non mi sento di propendere per nessuno dei “metodi”. In alcuni casi mi è capitato di cullare Leonardo per parecchio tempo finchè non si fosse addormetato. Altre volte l’abbiamo tenuto con noi nel lettone perchè sentivamo che aveva bisogno di contatto. In altri casi abbiamo provato a lasciarlo da solo nella culla ma senza insistere più di tanto se cominciava a piangere. Sono più che convinta che ogni famiglia ha il suo metodo che è quello giusto per sè e per il proprio bimbo.
Il paragrafo dedicato al sonno continua con molteplici consigli da seguire nel caso in cui non riusciate a cogliere “l’attimo” del sonno e occorra gestire una situazione di crisi.
You
You..ovvero tempo per noi. Quando nasce un bambino nascono anche una mamma e un papà. E’ importante ricordarlo sempre anche perchè la maggior parte dei genitori non si rende conto che fare i genitori è un’arte che si apprende con il tempo.
Molti pensano di poter tornare alla vita di prima dopo aver avuto un bimbo. Purtroppo, o per fortuna, non è così. Occorre accettare che la nostra vita non sarà più la stessa. La nostra vita non sarà peggiore. Sarà semplicemente diversa.
“Il linguaggio segreto dei neonati” ci fornisce dei consigli per rimettersi in sesto dopo il parto (mangiare, dormire, fare esercizio fisico, stabilire delle priorità, pianificare, farsi viziare, accettare i limiti) e tocca anche il tema della depressione post-parto.
Non meno importante è la sezione che riguarda la relazione di coppia dopo la nascita del bimbo, anche dal punto di vista sessuale. Occorre fare attenzione a non criticare tutto ciò che viene fatto dai papà, facendoli sentire dei partner che svolgono bene il ruolo di padre anzichè un semplice “aiuto”.
Eccoci arrivati alla fine. E’ innegabile che Tracy Hogg ha sicuramente un approccio che può essere discutibile e forse difficilmente applicabile “alla lettera”, ma che a mio parere va in ogni caso preso in considerazione per avere tutte le conoscenze per poter operare una scelta consapevole.
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E voi, l’avete letto? Siete riuscite ad applicare il suo metodo? Aspetto le vostre esperienze nei commenti